Un dolore acuto che rende quasi impossibile anche il più banale movimento della spalla. Nessun segno di infiammazione. Nessun preavviso. Se ci troviamo in questa situazione è probabile che soffriamo di capsulite adesiva, altrimenti detta “spalla congelata”.
Ma cosa accade al nostro corpo?
Come riconoscere le avvisaglie di una capsulite adesiva e soprattutto, cosa fare per curarla?
La spalla congelata è infida, che spesso viene confusa con patologie meno importanti e per questo viene trascurata, fino a che il paziente non si ritrova nell’impossibilità di compiere il movimento più banale come per esempio spazzolarsi i capelli o infilare una maglietta.
In condizioni normali l'articolazione della spalla permette di compiere una gamma molto ampia di movimenti. Quando un paziente è affetto da spalla congelata però la capsula diventa rigida e forma delle aderenze che limitano i movimenti sia attivi, sia passivi (cioè quando il medico aiuta il paziente a compiere il movimento). Proprio questa limitazione del movimento passivo rappresenta un campanello di allarme che permette al medico di distinguere la capsulite adesiva da altre patologie come la tendinite, la tendinopatia calcifica, la rottura della cuffia dei rotatori, l’artrosi e l'artrite.
Quali sono i sintomi?
Limitazione del movimento della spalla: stranamente questa malattia colpisce con più facilità la spalla dell'arto non dominante; talvolta colpisce contemporaneamente entrambe le spalle (circa 10% dei casi).
Dolore alla spalla: si tratta di un dolore solitamente acuto e piuttosto intenso, talvolta associato a gonfiore e localizzato soprattutto nella parte superiore esterna della spalla.
Impossibilità di svolgere normali gesti quotidiani come radersi, allacciarsi il reggiseno o spazzolarsi i capelli.
Il dolore si intensifica durante il riposo notturno, soprattutto se ci si addormenta appoggiandosi sul fianco e sulla spalla dolente.
Cosa possiamo fare per velocizzare i tempi di recupero?
Il trattamento della spalla dolorosa si pone come obiettivo la drastica riduzione dei tempi evolutivi, (che possono arrivare anche a 12 mesi) con riduzione del dolore ed il riacquisto della mobilità perduta. Spesso il paziente trova sollievo e percepisce dei chiari miglioramenti in poche settimane.
Terapie consigliate:
Esercizi di allungamento e mobilizzazione per migliorare per minimizzare la perdita di tessuto muscolare. Questi esercizi vanno eseguiti sotto la supervisione di un terapista esperto.
Calore e Fototerapia: Radar, Infrarossi, Laser CO2, possono contribuire ad allentare il blocco articolare grazie all'aumentata vasodilatazione locale. Utilissima la TECAR.
Particolarmente utile risulta svolgere esercizi in acqua a 32° (Idrokinesiterapia) proprio per sfruttare appieno l'effetto benefico di calore e movimento.
Per accelerare il recupero è utile una nuovissima forma di TENS (corrente elettrica antalgica) chiamata FREMS che è in grado, oltre che di ridurre il dolore anche di aumentare sensibilmente la circolazione locale, con un effetto duraturo nel tempo.
Ultrasuoni-crio: Paradossalmente, nella prima fase, detta di raffreddamento, è utile associare applicazioni di ultrasuoni con un particolare manipolo ghiacciato, tenuto a -2 o -4 C°, il tutto contrasta l’evoluzione delle aderenze.
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